A tutti sarà capitato di trovarsi in una situazione dove la persona che si ha di fronte, urla per imporre le sue regole.Il riultato? Una situazione spiacevole sia a livello psicologico che a livello emotivo dove si perde di vista il senso della discussione senza risoluzione alcuna. A seguito della post pandemia sono sempre più ricorrenti ambienti di tutti i settori, da quello relazionale, familiare o lavorativo dove la comunicazione “sana” viene a mancare e si verificano episodi di prevaricazione dove emerge sempre di più la figura dell’urlatore seriale.
Urlo e prevaricazione
Ma l’urlo o la prevaricazione stessa crea davvero la condizione per sottomettere la controparte? Soprattutto in ambito professionale alzare la voce verso un dipendente non è il massimo della reputazione, anzi in alcuni casi è anticostituzionale!! Piuttosto se si analizza bene il problema ci si accorge di avere a che fare con una persona disturbata, dove il grado di frustrazione la rende incompresa agli occhi degli altri, e che spesso e volentieri assume un ruolo conflittuale e mutevole usando comportamenti imprevedibili per provocare disagio negli altri. Il grido a volte è una richiesta di aiuto ma le continue pressioni di una società che scorre in AV (alta velocità), non danno il tempo di chiedersi il perché le persone “urlano” spesso e hanno scatti d’ira. La realtà è che sono persone estremamente fragili che perdono il controllo di sé e anziché mostrarsi adulti atutorevoli, sono poco affidabili. Nella maggior parte dei casi chi urla non ha nulla da dire proprio perché non avendo abilità comunicative sente di dover alzare la voce per intimidire e costringere l’altra persona a farsi sentire.
La risposta del silenzio è sicuramente quella giusta per spegnere le braci . Un’opera famosa realizzata dall’artista norvegese Edvard Munch, ritrae proprio un soggetto che urla rappresentando disperazione e angoscia.
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